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Ricky Rubio ha detto addio alla NBA. Il nazionale spagnolo (33 anni) ha comunicato il suo addio attraverso una lettera sui social network. Una notizia che ha sconvolto i suoi fan ma che è dettata dalla necessità di combattere i suoi demoni.
Rubio ha giocato 698 partite di regular season e tre playoff, due con i Jazz e una con i Cavaliers, il suo ultimo team, dove è arrivato nel 2021 per fare da chioccia ai giovani in una squadra giovanissima e in ricostruzione. A Cleveland ha giocato il suo miglior basket dopo una infinità di trasferimenti (quattro in 15 mesi) ma ha anche conosciuto il peggior infortunio della sua carriera: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro, il 28 dicembre 2021. È l’inizio della fine della carriera. Prima del crac, aveva una media di 13,1 punti e 6,6 assist in 28,5 minuti in campo. Dopo non è più riuscito a recuperare pienamente la forma migliore sino a dire basta. Entrambe le parti hanno annunciato di aver raggiunto un accordo per porre fine al rapporto che li univa fino all’estate del 2025.
La scelta di Rubio dipende anche, per sua stessa ammissione, dalla necessità di mantenere un equilibrio psichico. Il problema al ginocchio lo ha costretto anche a lasciare il ritiro pre Mondiale della squadra spagnola e lo ha fatto cadere nella depressione, una partita che ancora sta giocando. Per sua stessa ammissione, il 30 luglio è stata una delle notti più difficili della sua vita. Lo ha ammesso nelle prime righe della sua lettera: “La mia mente è andata in un luogo oscuro. In un certo senso sapevo che stavo andando in quella direzione, ma non avrei mai pensato di non avere il controllo della situazione. Il giorno dopo ho deciso di lasciare la mia carriera da professionista”.
Una decisione solo rimandata. Ecco la lettera di Ricky Rubio: “Volevo pubblicare questo messaggio oggi perché la mia carriera nell’NBA è giunta al termine. Tutto è iniziato nel giugno 2009, durante la notte del draft a New York. Che sogno. Dopo aver giocato 12 anni in campionato, con tutti i suoi alti e bassi, ho accumulato tanti bei ricordi e ottimi rapporti: Minnesota, Utah, Phoenix e Cleveland. Grazie. Menzione speciale a Cleveland, la mia ultima casa. So che il modo in cui sono finite le cose è stato difficile. Non avrei mai potuto immaginare che l’anno sarebbe andato in questo modo, ma hanno un’organizzazione incredibile, con Koby e JB, che sono stati estremamente rispettosi e comprensivi della mia situazione e si sono presi cura di me come persona. Grazie a tutti per l’amore e il supporto”.
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