
Maresca e la sua decisione: Niente Napoli per noi, cerco serenità - ©ANSA Photo
Il tema delle violenze sugli arbitri nel mondo del calcio è uno degli argomenti più delicati e controversi del panorama sportivo italiano. Recentemente, l’arbitro internazionale Marco Guida, originario di Pompei, ha voluto esprimere la sua opinione su questo fenomeno, in particolare in seguito all’aggressione subita da Diego, un giovane arbitro di 19 anni, nel catanese. La solidarietà nei confronti di Diego è stata ampiamente espressa, non solo da colleghi italiani, ma anche da arbitri di altre nazioni, dimostrando che la questione trascende i confini nazionali.
un attacco vile e la determinazione di un giovane arbitro
Guida, parlando ai microfoni di Radio Crc, ha descritto l’episodio come “un attacco vile, vigliacco e disgustoso”. Ha raccontato di aver ricevuto un messaggio da Diego, in cui il giovane arbitro, nonostante la violenza subita, ha affermato: “Marco, ti assicuro che non permetterò a questi violenti di fermare la mia passione perché io amo arbitrare”. Questa dichiarazione, carica di determinazione, ha colpito profondamente Guida, che ha sottolineato l’importanza di tale atteggiamento per tutti i giovani arbitri in formazione.
le sfide quotidiane degli arbitri
Marco Guida ha messo in evidenza il fatto che molti ragazzi, tra i 14 e i 15 anni, si trovano quotidianamente a dover affrontare violenze verbali e fisiche durante le loro gare. “Da genitore, mi fa male sentire che i ragazzi di quell’età devono subire insulti e aggressioni”, ha commentato. Guida ha anche raccontato di una scena che lo ha colpito particolarmente: una madre che, durante l’aggressione a un giovane arbitro, gridava “venduto”. Questo comportamento evidenzia una cultura di ostilità che, purtroppo, ha radici profonde e che va affrontata con urgenza.
le cause di un clima di tensione
Quali sono le cause di questo clima di tensione? Secondo Guida, una delle principali responsabilità è da attribuire ai media e alla rappresentazione degli arbitri. “I giornali spesso dipingono l’arbitro come un nemico da insultare a prescindere”, ha affermato. Questo tipo di narrazione non solo alimenta l’ostilità nei confronti degli arbitri, ma crea anche un ambiente tossico per i giovani, che si avvicinano al mondo del calcio con passione e dedizione.
la scelta di non arbitrare a napoli
La situazione diventa ancora più complessa quando si considera la questione dei limiti territoriali per gli arbitri. Guida ha confessato che, pur non avendo timori a dirigere partite a Napoli, lui e il collega Fabio Maresca hanno deciso di non farlo. “Il calcio qui viene vissuto con una certa emotività”, ha spiegato. “Vivo a Napoli e ho una famiglia. Quando commetto errori, non è sempre facile passeggiare per strada o andare a fare la spesa”. Questa scelta, pur non essendo legata a un divieto ufficiale, riflette una preoccupazione personale per la propria serenità e quella della sua famiglia.
Guida ha chiarito che l’AIA (Associazione Italiana Arbitri) concede piena libertà agli arbitri di dirigere partite in qualsiasi città. Tuttavia, la sua decisione di evitare Napoli è motivata da un desiderio di tranquillità e dalla volontà di proteggere i suoi cari. “Ho tre figli e voglio che possano crescere in un ambiente sereno”, ha affermato. Questo desiderio di normalità e sicurezza è comune a molti professionisti che, come lui, operano in un ambiente ad alta pressione e con forti implicazioni emotive.
In un contesto in cui gli arbitri sono sempre più spesso al centro di polemiche e attacchi, la voce di Marco Guida rappresenta un appello alla responsabilità collettiva. Occorre un cambiamento culturale che inizi dal basso, dall’educazione dei giovani calciatori e dei loro genitori. “Dobbiamo insegnare il rispetto per le regole e per chi le applica”, ha sottolineato, evidenziando l’importanza di un approccio costruttivo e non ostile nei confronti degli arbitri.
Il calcio, sport amato da milioni di italiani, dovrebbe essere un momento di gioia e di unione, non un terreno di battaglia. La passione per il gioco deve prevalere su qualsiasi forma di violenza e aggressione. L’obiettivo finale è quello di creare un ambiente in cui i giovani possano arbitrare senza paura, con la possibilità di crescere e migliorarsi senza essere sottoposti a insulti o minacce. Solo così si potrà garantire un futuro migliore per il calcio italiano, dove arbitri e giocatori possano convivere in un clima di rispetto e sportività.