Giro d’Italia, quante possibilità ha Van Aert di vincerlo? I trionfi passati

Il fuoriclasse fiammingo ha confermato la sua presenza al Giro d’Italia. Quante possibilità ha di vincerlo?

Il primo, peso massimo straniero al via del Giro d’Italia 2024 sarà Wout Van Aert, uno dei quattro magnifici del ciclismo mondiale. Il fiammingo della Jumbo-Visma, vincitore della Strade Bianche e della Milano-Sanremo nel 2020, ha confermato la notizia durante il Giro de Rigo in Colombia. Van Aert, 29 anni, è stato accolto calorosamente e ha dichiarato il suo grande obiettivo per il 2024: il Giro d’Italia. Oltre a lui, è confermata la partecipazione di Filippo Ganna, amico-rivale, promettendo una sfida totale, con due cronometro veloci in programma.

Van Aert per la prima volta al giro d’Italia con l’obiettivo di vincerlo

Van Aert non partecipa al Giro solo per conquistare tappe e cronometro: sarà il leader unico della Jumbo-Visma, con Vingegaard concentrato sul tris al Tour de France, prima di dedicarsi all’Olimpiade di Parigi (prova in linea e cronometro). È molto probabile che Van Aert salterà il Tour per arrivare più fresco ai Giochi. Con un percorso da 42.900 di dislivello, il 20% in meno del 2023, Van Aert può cimentarsi per la prima volta anche nella classifica generale: i tecnici olandesi suggeriscono che possa arrivare nei primi cinque. Certamente, servirà il fiammingo in modalità Mont Ventoux: ricordate la sua straordinaria fuga con la doppia scalata al Gigante di Provenza al Tour 2021? Ecco, Van Aert è questo. E noi siamo entusiasti di vederlo sulle strade italiane che ama così tanto. Il 107esimo Giro si concluderà domenica 26 maggio a Roma dopo 21 tappe e 3321 chilometri.

Wout Van Aert
Foto | EPA/ROBERT PERRY – Wigglesport.it

Ma vediamo tutte le caratteristiche di questo prodigio del ciclismo. Van Aert fa parte di quella nuova ondata ciclistica che, dal 2018 in poi, sta regalando a questo sport una giovinezza rinnovata: gli atleti attuali sanno correre su qualsiasi terreno e in ogni condizione climatica. Operano con attacchi da lontano che “fanno saltare” le corse, come si dice tecnicamente, rompendo gli equilibri e separando i gruppi. Questa predisposizione ricorda a molti appassionati il ciclismo degli Anni ’60-’70, un periodo in cui gli atleti correvano in modo più omogeneo. Questo ritorno a uno stile ciclistico antico segue un ventennio completamente opposto, in cui le grandi squadre dominavano le corse, specialmente nei Grandi Giri, con i “trenini” di US Postal e Sky, i team predominanti rispettivamente negli Anni Zero e nei Dieci. Al contempo, c’era un’ultra-specializzazione dei corridori: se correvi al massimo livello tra il 2000 e il 2017, eri principalmente un uomo da classiche o da corse a tappe, a meno che non fossi Valverde o Nibali.

Van Aert, tuttavia, fa parte dell’antica modernità e attacca: lo fa anche alla Gand-Wevelgem, lo ripete da lontano (a 50 chilometri dalla conclusione) e non lo fa da solo, ma in compagnia di Christophe Laporte, compagno di squadra che indossa la sua stessa maglia. Quando Van Aert accelera, c’è dolore per tutti: ha uno scatto secco e potente e, nonostante il fisico slanciato (1,90 m x 78 kg), riesce a fare volume anche in salita. Si porta dietro Laporte, che fatica a reggere il ritmo infernale del compagno di squadra. Sul Kemmelberg, a una trentina di chilometri dal traguardo, quando hanno oltre un minuto di vantaggio sul gruppo, Van Aert guadagna diversi metri su Laporte e potrebbe staccarlo definitivamente. Per il classe 1994, assicurarsi questa corsa non sarebbe male. Nonostante l’ottimo inizio di stagione, in cui si è visto in azione a partire dalla Tirreno-Adriatico dei primi di marzo, ad oggi potrebbe essere considerato uno degli “sconfitti” di questi primi mesi del 2023: terzo alla Milano-Sanremo, unica Classica Monumento vinta nel 2020, dove è stato beffato da Mathieu van der Poel sulla discesa del Poggio, e alla Tirreno-Adriatico ha lavorato duramente per Primoz Roglič. Nella stagione invernale di ciclocross, specialità in cui è tra i migliori, ha dominato sia la Coppa del Mondo che il Superprestige, mostrando miglioramenti su alcuni tratti dei percorsi. Al mondiale di Hoogerheide, è stato beffato da van der Poel nella volata, perdendo il titolo di campione del mondo. Due giorni prima della GW, ha vinto la E3 Harelbeke, altra classica del circuito belga, sconfiggendo in volata van der Poel e Pogačar al termine di una cavalcata epica a tre durata 60 chilometri. Concludere a Wevelgem con le braccia al cielo sarebbe un bel modo per replicare il successo di due giorni prima. Van Aert, tuttavia, non è dello stesso avviso dello spettatore. Rallenta, aspetta il compagno di squadra e arriva al traguardo con lui, in parata, cedendogli la vittoria. Alla fine della corsa, Laporte spiega: “Quando mancavano 10 chilometri alla fine, Wout mi ha chiesto se volessi vincere, penso sapesse la risposta. Era davvero forte oggi, più forte di me”. Dal canto suo, Van Aert ha dichiarato: “Sono felicissimo per Christophe. È un ottimo amico, corriamo solo da un anno assieme, ma sembrano anni. Andiamo spesso in ritiro insieme, abbiamo fatto il Tour assieme e sono stati momenti splendidi. Lo scorso anno ho vinto la E3 grazie a lui e non l’ho dimenticato”.

Quello che stiamo osservando in questi anni è probabilmente il Van Aert al suo apice. Se manca qualcosa nella sua bacheca, non c’è motivo di disperarsi: spesso il ciclismo ripaga un corridore in base a ciò che merita. Giudicare la bacheca di un corridore nelle fasi iniziali della sua carriera è come giudicare un puzzle appena iniziato o una pittura ad olio non ancora asciugata: si rischia di perdere di vista la visione d’insieme. Occorre invece saper aspettare e far emergere i valori. Difficilmente la strada mente. Soprattutto, se c’è qualcosa che il ciclismo non nega ai propri eroi sono le seconde chance: se nel calcio “c’è sempre un’altra stagione”, nel ciclismo la possibilità di riscattarsi è sempre dietro l’angolo. Finora in questo 2023, Wout Van Aert ha perso l’opportunità di lasciare un’impronta più profonda nella storia del ciclismo, ma ora c’è il Giro d’Italia che lo aspetta. L’occasione è più che invitante e, anche se forse è troppo presto per dire come andrà a finire, le vicissitudini di Van Aert quasi ci costringono a guardare costantemente oltre. Insomma, vediamo Van Aert come un corridore unico e peculiare, da ricordare e non sottovalutare.

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