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Ciclismo

Ciclismo, 3 campioni dimenticati da riscoprire

A volte il ciclismo si dimentica di grandi campioni che lo hanno attraversato

Lasciare il segno nel mondo del ciclismo non è semplice. Anche se si arriva ai massimi livelli, di decine di gregari soltanto pochi riescono a diventare dei veri campioni. Spesso però accade che anche di questi grandi atleti si perda la memoria, come nel caso di questi 4 grandi campioni dimenticati.

Ciclismo, due campioni del passato

In Italia abbiamo avuto moltissimi campioni di ciclismo. Per questo forse, quando bisogna scavare  negli albori dello sport, alcuni nomi vengono dimenticati. Tra questi ad esempio c’è Leraco Guerra. Nato nel 1902, soprannominato La Locomotiva, esordì solo a 26 anni. Fino a quel momento aveva fatto il muratore nel mantovano, sua terra d’origine, insieme al padre.

Partecipò alla Milano Sanremo del 1928, arrivando diciassettesimo con una vecchia bici da pista acquistata per lui da un amico. Un risultato che portò la Maino a investire su di lui. Con questa squadra vinse 5 campionati italiani, la Milano Sanremo del 1933 e il Giro d’Italia del 1934. Fu anche la prima persona in assoluto a vestire la Maglia Rosa del Giro nel 1931. L’anno prima si era laureato campione del mondo. Divenne molto popolare, tanto che a Mantova esiste ancora un museo con i suoi cimeli. Morì nel 1963 a causa del morbo di Parkinson.

Photo by Luca Bergamasco licensed under CC BY-SA 4.0 DEED | wigglesport.it

Da un muratore a un operaio, una decina di anni dopo gli exploit di Guerra arrivò Giovanni Valetti. Nato a Vinovo, vicino Torino, lavora fin da quando ha 16 anni nella fabbrica della Lancia. Con i primi stipendi però si compra una bicicletta per inseguire il sogno del professionismo. Ci arriva nel 1935 e gli bastano 3 anni per vincere il suo primo Giro d’Italia. Nel 1936 si ripete, battendo un campione indiscusso come Gino Bartali.

Dopo la guerra però il ciclismo si dimentica di lui. Valetti si ritira, si sposa e apre una latteria insieme alla moglie. Lui torna poi anche a fare il suo lavoro, l’operaio, questa volta alla FIAT. Ogni tanto fa capolino nel mondo del ciclismo, come quando diventa direttore sportivo della Carpano nel 1955. Ma queste esperienze durano poco. Muore nel 1998. Anche lo Stato non si ricorda di lui in tempo: gli viene conferito il titolo di Grande Ufficiale della Repubblica soltanto l’anno successivo.

Il baronetto indebitato e dimenticato

Dopo due campioni italiani del passato, uno straniero del presente. Si chiama Bradley Wiggins e per un periodo è stato l’inglese più forte in sella a una bicicletta. Non solo in pista era imbattibile, vincendo 5 ori in tre olimpiadi tra Atene 2004 e Rio de Janeiro 2016. Nel 2012 è lui il primo britannico a vestire la Maglia Gialla a Parigi: vince il Tour de France, tornando in patria da eroe. Con una carriera del genere, il nome di Wiggins dovrebbe essere impresso per sempre nella storia del ciclismo. Ma dietro al campione c’è un uomo dal carattere e dalle abitudini tutt’altro che semplici.

EPA @ALEJANDRO ERNESTO | wigglesport.it

Wiggins avrebbe debiti per oltre un milione di euro. Le sue compagnie sarebbero tutte in amministrazione controllata fin dal 2020 e i creditori ora reclamano cifre significative. Per ripianare i debiti il Baronetto ha venduto anche i suoi diritti di immagine. Una situazione messa a nudo dal divorzio con la moglie, che ha portato alla scoperta della sua drammatica situazione finanziaria. Ora le sue speranze sono appese al figlio, Ben, anche lui ciclista, che a soli 18 anni dice già di essere più forte di quanto fosse il padre alla sua età.

Matteo Runchi

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