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Rossi svela il suo disincanto: il calcio yankee non fa per lui

Giuseppe “Pepito” Rossi, ex attaccante della Nazionale italiana, ha sempre portato con orgoglio le sue radici italoamericane. Nato a Teaneck, nel New Jersey, ha vissuto una carriera calcistica segnata da infortuni che ne hanno limitato il potenziale. Oggi, a 38 anni, ricopre il ruolo di vicepresidente dei New York Cosmos, la storica squadra che ha contribuito a far crescere il calcio negli Stati Uniti negli anni ’70, quando Pelè e Giorgio Chinaglia portarono l’attenzione sul soccer americano. Nonostante il suo attuale ruolo, Rossi non esita a esprimere il suo disappunto riguardo al recente Mondiale per club, definendolo una “buffonata”.

critiche al mondiale per club

Rossi ha dichiarato: “Non ho visto una partita di questo torneo. L’ho trovato poco credibile e distante dall’essenza del calcio“. Per lui, il calcio non può essere ridotto a una mera questione di intrattenimento. In un’epoca in cui il calcio sembra sempre più influenzato dagli interessi commerciali, Rossi sottolinea che questo sport è “mondiale” e non può essere americanizzato senza perdere la sua autenticità.

Nel suo bilancio personale, Rossi evidenzia come il torneo sia più incentrato sullo show, piuttosto che sui calciatori, che considera gli “attori” fondamentali di questo “film”. Ecco alcune delle sue principali critiche:

  1. Troppe partite: Rossi sottolinea che il numero elevato di partite influisce negativamente sulla qualità del gioco.
  2. Temperature elevate: Le condizioni climatiche sfavorevoli, come l’umidità, rendono difficile giocare in estate.
  3. Scelte strategiche: L’orario delle partite è spesso deciso per soddisfare le esigenze televisive, a scapito del benessere dei giocatori.

opportunità per il calcio americano

Nonostante le sue critiche, Rossi riconosce che il torneo ha avuto un effetto positivo: “Ha fatto venire l’acquolina in bocca agli americani per il calcio“. Esprime la speranza che si impari una lezione per il Mondiale del 2026, che si svolgerà negli Stati Uniti, Canada e Messico. “Quello sarà il vero test per il calcio in America”, afferma con determinazione.

La sua nuova avventura con i Cosmos rappresenta per Rossi una possibilità di contribuire attivamente al cambiamento del panorama calcistico negli Stati Uniti. Dopo essere stata salvata dalla crisi finanziaria da Rocco Commisso, la squadra è pronta a ripartire dalla USL, una lega rivale della MLS. Rossi si è detto entusiasta di lavorare a un progetto che mira a restituire al Cosmos il suo status di club professionistico.

mentalità e cultura calcistica

Rossi identifica una delle questioni principali del calcio americano nella mentalità. “Negli Stati Uniti, il calcio è visto come un hobby e non come una professione seria”, afferma. Secondo lui, il paese produce un talento ogni 4-5 anni, il che è inaccettabile considerando la popolazione di oltre 300 milioni di persone. “Prima di portare tecnica e tattica nelle giovanili, dobbiamo cambiare questa mentalità”, sostiene Rossi, sottolineando l’importanza di lavorare sulla cultura calcistica.

Inoltre, critica l’idea di voler “americanizzare” il calcio. “Basket e football sono sport americani, ma il calcio è globale”, dice. Rossi mette in discussione anche l’interesse americano per il calcio, che si riflette negli investimenti provenienti dalla Premier League e dalla Serie A. “Investono, e a ragione, perché sanno che c’è un grande margine di crescita. Ma senza passione non si costruisce un vero movimento calcistico”, avverte.

Rossi non nasconde la sua preoccupazione per il futuro del calcio, specialmente in un contesto in cui i calciatori, pur lamentandosi, non si ribellano alle nuove dinamiche. “32 squadre sono troppe per un torneo di questo tipo”, ha aggiunto, sottolineando la necessità di equilibrio.

In questo scenario complesso, Rossi spera in sviluppi positivi a livello mondiale, con un possibile accordo tra FIFA e UEFA per rivedere le strutture del calcio internazionale. La sua visione per il futuro è chiara: un calcio che rispetti le radici e le tradizioni, senza perdere di vista l’importanza del gioco e dell’esperienza per i tifosi.

Stefano Cerulli

Stefano è un appassionato di sport e redattore sportivo con una carriera che riflette il suo profondo amore per il calcio e l'atletica. Nato a Milano nel 1985, ha nutrito fin da giovane una passione innata per lo sport, alimentata dalle domeniche passate sugli spalti dello stadio San Siro e dalle interminabili ore di allenamento sulle piste d'atletica locali. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze della Comunicazione presso l'Università degli Studi di Milano, Stefano ha iniziato la sua carriera nel mondo del giornalismo sportivo. I suoi primi articoli, pubblicati su riviste minori, hanno subito messo in luce la sua abilità nel raccontare con vividezza e competenza le vicende sportive, catturando l'attenzione di un pubblico sempre più vasto. Stefano è noto per il suo stile di scrittura coinvolgente, capace di trasmettere non solo i fatti ma anche le emozioni e la tensione che caratterizzano ogni evento sportivo. La sua capacità di analisi e la profonda conoscenza tecnica dei diversi sport gli permettono di offrire ai lettori articoli di grande qualità, che spaziano dalle cronache più avvincenti alle analisi tattiche più approfondite. Oltre alla sua attività di redattore, è anche un promotore attivo dello sport giovanile. Dedica il suo tempo libero a organizzare eventi e workshop per giovani atleti, con l'obiettivo di trasmettere loro i valori dello sport e l'importanza della corretta informazione sportiva. Sempre aggiornato sulle ultime novità del mondo sportivo, Stefano continua a essere una voce rispettata e autorevole nel giornalismo sportivo italiano, rappresentando un punto di riferimento per tutti gli appassionati di calcio e atletica.

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