
Pallavolo Cogliandro: la mia esperienza di esclusione mentre aspettavo un bambino - ©ANSA Photo
Asja Cogliandro, una giovane giocatrice di pallavolo di 29 anni, ha recentemente condiviso la sua drammatica esperienza con il mondo dello sport, raccontando come il club di pallavolo Perugia, militante in Serie A1, l’abbia allontanata dopo la scoperta della sua gravidanza. La sua storia ha suscitato polemiche e dibattiti sull’adeguatezza delle tutele per le atlete in situazioni simili, evidenziando una problematica che affligge molte professioniste nel mondo dello sport.
La gravidanza e il contratto con il Perugia
La vicenda inizia sei mesi dopo che Cogliandro aveva firmato il rinnovo del contratto con il Perugia, squadra che era stata promossa dalla Serie A2. Con grande gioia, la centrale ha scoperto di essere incinta all’inizio del 2024. Inizialmente, ha deciso di continuare ad allenarsi, rimanendo motivata e concentrata, nonostante le preoccupazioni legate alla sua nuova condizione. Tuttavia, la situazione si è rapidamente deteriorata. “Il 21 gennaio mi alleno e ho paura, le compagne sono spaventate. Decido di dirlo, il giorno dopo lo comunico al direttore sportivo, che contentissimo mi abbraccia. Ma in un attimo – racconta Cogliandro – lo scenario cambia, e le pressioni arrivano immediatamente”, ha dichiarato in un’intervista a “La Stampa”.
Le pressioni e la reazione del club
Dopo aver comunicato la sua gravidanza, Asja ha subito una serie di pressioni da parte della dirigenza del club. “La società mi dice di lasciare casa e di restituire anche le mensilità già pagate. Diventano assertivi: ‘devi andare via’”. Questa richiesta ha colto di sorpresa Cogliandro, che ha cercato di trovare un accordo con la società, proponendo una sospensione del contratto con eventuali incarichi amministrativi. Tuttavia, la risposta del club è stata negativa e ci sono stati tentativi di forzare la sua uscita.
Cogliandro ha rivelato che tra l’offerta ricevuta dal club e il dovuto fino alla scadenza del contratto c’era una differenza di ben 12.000 euro, una somma che per lei rappresentava molto più di un semplice importo economico. “È una cifra stupida: ma io ho subito una violenza psicologica”, ha aggiunto, evidenziando l’impatto emotivo e mentale della situazione. La sua esperienza non è isolata; molte atlete in Italia si trovano in situazioni simili, dove le tutele non sono adeguate e la pressione per conformarsi alle aspettative del club è elevata.
La necessità di un cambiamento
Cogliandro ha anche sottolineato che il suo status di co.co.co (collaboratrice coordinata e continuativa) la colloca in una posizione vulnerabile. “Non siamo professioniste. Qualcosa è stato modificato nel tempo, ma dovrebbero esserci più tutele… Se continuiamo ad accettare compromessi, non sarò l’ultima. È ora di dire basta”, ha affermato con determinazione. La sua voce si unisce a quella di altre atlete che chiedono un cambiamento significativo nel sistema, affinché le donne che praticano sport non debbano affrontare discriminazioni o pressioni inaccettabili a causa della loro maternità.
La questione della maternità nello sport è un argomento delicato e complesso. Negli ultimi anni, molte nazioni e organizzazioni sportive hanno iniziato a riconoscere l’importanza di garantire diritti e tutele alle atlete in gravidanza. In alcuni sport, sono stati introdotti programmi di supporto per le atlete che desiderano continuare a competere o tornare a competere dopo la nascita di un bambino. Tuttavia, in Italia, la strada da percorrere è ancora lunga.
Al momento, Asja Cogliandro è ancora indicata nel roster del Perugia sul sito web ufficiale della squadra, il che solleva ulteriori interrogativi sulla gestione della sua situazione da parte del club. La sua storia ha aperto un dibattito non solo sulla maternità nello sport, ma anche sul modo in cui le donne sono trattate nel mondo del volley e in altri sport in generale. Non è solo una questione di diritti, ma anche di rispetto e dignità per le atlete che dedicano la loro vita a questo sport.
In un contesto sportivo dove le pressioni e le aspettative sono elevate, è fondamentale che le società sportive adottino politiche più inclusive e rispettose nei confronti delle atlete che vivono situazioni delicate come la gravidanza. Cogliandro, con la sua coraggiosa testimonianza, sta facendo un passo importante verso il cambiamento, ispirando altre a unirsi a lei nella lotta per maggiore equità e giustizia nel mondo della pallavolo e dello sport in generale.
Con esperienze come quella di Asja, è chiaro che è arrivato il momento di rivedere le normative e le pratiche all’interno delle federazioni sportive, affinché ogni atleta, indipendentemente dalla sua situazione personale, possa essere trattata con rispetto e dignità. La speranza è che la sua voce possa contribuire a un futuro migliore per tutte le atlete, garantendo loro i diritti e le protezioni che meritano.