Mondiale club: il portiere dell'Auckland rivendica il diritto di essere tra i grandi - ©ANSA Photo
L’Auckland City, la squadra neozelandese che rappresenta l’Oceania nel Mondiale per club, ha vissuto un’esperienza intensa e, per certi versi, dolorosa in questa edizione del torneo. Dopo aver subito ben 16 gol in due partite, con una sconfitta di 10-0 contro il Bayern Monaco e un 6-0 contro il Benfica, il portiere Conor Tracey non ha però perso la determinazione e la dignità. Rivendica con orgoglio il diritto della sua squadra di essere presente in questo prestigioso evento calcistico mondiale, nonostante il netto divario che si è evidenziato tra le squadre europee e quelle dell’Oceania.
“Ogni squadra ha il diritto di essere qui”, ha affermato Tracey in un’intervista, sottolineando che il Mondiale per club è un’opportunità per tutte le squadre, indipendentemente dalla loro provenienza geografica. “Abbiamo lavorato duramente per arrivare a questo punto, non è stato facile. Quindi penso che tutti abbiano il diritto di essere qui”. Le parole del portiere riflettono un sentimento comune tra le squadre che partecipano a questo torneo, dove le differenze di livello sono spesso drammatiche.
La squadra neozelandese ha dimostrato grande determinazione per conquistare il suo posto nel Mondiale. Nel mese di aprile, hanno vinto la finale della Champions League dell’Oceania, superando l’Hekari United di Papua Nuova Guinea con un punteggio di 2-0. Questo successo ha permesso all’Auckland City di rappresentare la propria confederazione in un palcoscenico mondiale, un sogno che ogni calciatore aspira a realizzare.
Tuttavia, la realtà del calcio professionistico in Oceania è ben diversa da quella delle squadre europee. Nessuno dei giocatori dell’Auckland è un professionista a tempo pieno. Conor Tracey, ad esempio, divide il suo tempo tra la sua passione per il calcio e un lavoro di trasportatore in un’azienda farmaceutica. Per partecipare a questo Mondiale, ha dovuto prendersi un periodo di ferie e risparmiare parte del suo stipendio, consapevole che gran parte del tempo utilizzato sarà non retribuito. “Penso di avere solo una o due settimane di ferie pagate. Il resto è denaro perso”, ha dichiarato Tracey, ma la passione per il calcio è stata più forte di qualsiasi considerazione economica.
“Non ho mai fatto parte di un evento come questo. È incredibilmente unico”, ha continuato a spiegare Tracey, il quale ha vissuto l’esperienza del Mondiale come un’avventura straordinaria. Con l’entusiasmo di un bambino che entra in un parco divertimenti, il portiere ha raccontato di attendere con impazienza ogni partita. Ha rivelato che lui e i suoi compagni hanno percorso oltre 12.000 chilometri per raggiungere il torneo, un viaggio che, nonostante le difficoltà, rappresenta un grande traguardo per la squadra e per il calcio neozelandese.
La presenza dell’Auckland City al Mondiale per club è un simbolo di speranza per le realtà calcistiche più piccole. L’idea che anche le squadre meno conosciute possano competere a livello mondiale è ciò che rende il calcio uno sport così affascinante. Nonostante i risultati sul campo possano sembrare deludenti, la loro presenza è un messaggio forte e chiaro: il calcio è per tutti, e ogni squadra, indipendentemente dalle proprie dimensioni o dalla propria regione, ha il diritto di sognare in grande.
Inoltre, la partecipazione al Mondiale per club offre anche un’importante visibilità per il calcio neozelandese e per il movimento calcistico dell’Oceania. La speranza è che questo evento possa servire da stimolo per la crescita del calcio in questa parte del mondo, spingendo i giovani talenti a emergere e a perseguire i propri sogni calcistici.
L’Auckland City e il suo portiere Conor Tracey, quindi, non si arrendono di fronte alle avversità. Anzi, affrontano ogni sfida con la consapevolezza che ogni esperienza, anche quella più difficile, contribuisce a costruire il loro percorso e a far crescere la passione per il calcio nella loro regione. La loro avventura nel Mondiale per club è solo l’inizio di una storia che potrebbe continuare a scriversi nei prossimi anni, con la speranza di vedere un giorno squadre dell’Oceania competere ad armi pari con le più grandi del mondo.
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