Marco Simoncelli, il ricordo a 12 anni dalla scomparsa

Rimane il vuoto dopo l’incidente di Sepang nel 2011, ma il ricordo del “Sic” resta indelebile nei cuori degli appassionati di motociclismo e non solo

Il 23 di ottobre, per gli appassionati di motorsport, non è un giorno come gli altri. Non lo è da quella drammatica domenica del 2011, quella domenica in cui ci lasciava Marco Simoncelli.

Talento cristallino, pilota di grande personalità e persona dal grande senso dell’umorismo. Le qualità di un uomo, che aveva conquistato tutti, tifosi italiani e non solo, che vedevano in lui un futuro asso della MotoGp.

Non era scontato d’altronde, ai tempi, ergersi a nuovo idolo italiano del motomondiale. Negli anni in cui il grande Valentino Rossi era ancora nel pieno della sua carriera, il “Sic”, come lo chiamavano tutti, era riuscito a ritagliarsi un ruolo di primo piano nella classe regina del motociclismo, e lo aveva fatto alla sua maniera.

“My Way”, cantava Frank Sinatra nel 1969, “a modo mio”, la canzone che racconta di un uomo ormai negli ultimi anni di vita, che traccia un bilancio su di essa e si dichiara soddisfatto per aver vissuto alla sua maniera appunto.

Simoncelli, la fortuna di invecchiare non l’ha avuta, e probabilmente non ha avuto il tempo di ripensare alla sua breve vita. Ma anche lui, come il protagonista del celebre brano, può dirsi soddisfatto, realizzato, consapevole di aver vissuto al massimo e soprattutto, di aver vissuto “a modo suo”. Quel suo stesso modo che lo ha aiutato a emergere e che ha tenuto il suo ricordo vivo nel cuore degli appassionati.

La vita del Sic

Marco Simoncelli con un trofeo
Credit Immagine | Ansa – wigglesport.it

 

Romagnolo con un accento inconfondibile e una capigliatura riccioluta diventata iconica, Simoncelli inizia a correre da piccolissimo.

Incoraggiato dal padre, comincia con le minimoto all’età di 7 anni e a 12 diventa campione italiano.

Nel 2002 invece, passa alle moto approdando nella categoria 125. Mentre nel 2006 passa alla 250, per poi laurearsi campione del mondo nel 2008, all’età di 21 anni.

Affianco alla carriera da professionista, il “58”, corre con gli amici nelle gare di cross. Tra la Romagna e l’Umbria, in quella terra da dove vengono la maggior parte dei piloti motociclistici, prende parte a diverse gare, facendosi conoscere per il suo estro e anche per il suo coraggio. La sua precoce competitività lo porta a conoscere Valentino Rossi, suo idolo, che lo invita ad allenarsi alla “cava”, un cantiere che nel weekend diventava un tracciato per il cross. “Mi serviva uno che mi tenesse testa” ha detto proprio “il dottore”.

L’esordio in MotoGp è solo questione di tempo. Avviene nella stagione 2010 con la Honda RC212V del team San Carlo Honda Gresini, gareggiando insieme al compagno di squadra Marco Melandri. Termina la stagione all’ottavo posto con 125 punti.L’anno successivo i risultati migliorano. Arrivano le prime pole position, i primi podi e anche delle polemiche per qualche sua manovra considerata un po’ oltre i limiti.

Purtroppo arriva anche l’appuntamento col destino. Lo stesso anno, durante il Gran Premio di Sepang, in Malesia, rimane vittima dell’incidente che lo vede scontrarsi con Colin Edwards e Valentino Rossi. Già, proprio lui, Valentino, il suo idolo, il suo amico, è rimasto coinvolto nello schianto che ha portato Simoncelli alla morte.La consolazione che deriva dalla consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per evitare lo scontro, attenua solo lievemente il dolore per la scomparsa del “Sic”, un vuoto incolmabile che probabilmente rimarrà sempre nella mente del “46” e di tutti i tifosi.

Dal successivo Gran Premio, il numero 58 viene ritirato e nel 2014 Marco Simoncelli viene inserito nella Hall of fame del motociclismo.

Un ricordo più vivo che mai

Ma Marco è uno di quei personaggi che non se ne vanno. Nonostante manchi molto vederlo in pista a battagliare con i suoi rivali, il suo ricordo è più vivo che mai. È vivo nei suoi genitori e nella sua fidanzata, che hanno creato una fondazione che porta il suo nome, con lo scopo di scendere in pista a favore dei soggetti più deboli. È vivo nei piloti che hanno corso con lui, i quali ricorderanno sempre l’audacia e l’estro del “Sic”. È vivo in tutti gli appassionati che tanto hanno goduto guardando le sue gare e non smettono mai di pensare a lui, oggi un po’ di più.

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