
L'ex moglie di Maradona rivela: 'I medici lo avevano sequestrato, voleva che lo portassi via' - ©ANSA Photo
Il processo per la morte di Diego Armando Maradona continua a rivelare dettagli inquietanti e toccanti sulla vita dell’iconico calciatore argentino e sui giorni finali prima della sua scomparsa. Durante una testimonianza emozionante in aula, Veronica Ojeda, ex moglie di Maradona, ha lanciato accuse gravi nei confronti del personale medico che aveva in cura l’ex giocatore, definendo la sua condizione come un vero e proprio “sequestro”.
Ojeda ha descritto un’immagine straziante del suo ex marito, affermando: “Ogni volta che lo vedevo, Diego mi chiedeva aiuto e io non sapevo come fare. Sapevo che lo tenevano sotto sequestro e lui aveva paura di tutto.” I suoi occhi si sono riempiti di lacrime mentre raccontava come Maradona, nel momento in cui si trovava in difficoltà, la supplicasse di portarlo via. “Quando me ne andavo, mi diceva ‘portami via’, aveva paura a rimanere solo”, ha aggiunto, trasmettendo il profondo stato di angoscia del campione.
la gestione della salute di maradona
La testimonianza di Ojeda ha messo in luce non solo il legame tra i due, ma anche le sue preoccupazioni riguardo la gestione della salute di Maradona. Ha affermato che la decisione di ricoverare Maradona a casa era stata presa dal neurochirurgo Leopoldo Luque e dal suo staff, con la promessa che il trattamento sarebbe stato paragonabile a quello di un ospedale. Tuttavia, gli eventi successivi hanno mostrato un quadro completamente diverso.
La narrazione è diventata ancora più drammatica quando Ojeda ha ricordato il momento in cui ha appreso della morte di Diego. “L’ho saputo dalla radio mentre ero in macchina con Dieguito, dopo che un giornalista mi aveva avvertito di andare subito alla residenza di Tigre“, ha raccontato. Quando è arrivata sul posto, ha trovato Maradona in uno stato raccapricciante: “Entrai nella stanza e l’ho trovato gonfio, con la schiuma in bocca. Ho pregato, sono uscita e sono svenuta.” Queste parole, cariche di dolore e disperazione, hanno toccato profondamente i presenti in aula, facendo emergere la complessità delle emozioni legate alla vita di un uomo che ha segnato la storia del calcio.
responsabilità legali e etiche
Il processo, che ha preso avvio per indagare le circostanze della morte di Maradona, ha visto imputati non solo il neurochirurgo Luque, ma anche altre sei persone che avevano il compito di seguire la degenza del calciatore dopo un intervento chirurgico per un ematoma alla testa. L’autopsia ha rivelato che Maradona è deceduto il 25 novembre 2020 a causa di un “edema polmonare acuto dovuto a insufficienza cardiaca congestizia acuta e cardiomiopatia dilatativa”. Secondo i periti, questa condizione si sarebbe sviluppata e aggravata nel corso di diversi giorni, durante i quali Maradona non avrebbe ricevuto le cure necessarie.
Uno degli esperti coinvolti nel processo ha anche testimoniato che l’ex campione di Messico ’86 avrebbe agonizzato per circa 12 ore prima di morire. Questo dettaglio ha scosso ulteriormente l’aula, evidenziando la gravità della situazione e le possibili negligenze da parte del personale medico. Il caso di Maradona non è solo una questione di responsabilità legale, ma solleva anche interrogativi etici riguardanti la cura e la dignità dei pazienti, in particolare di quelli che, come lui, hanno vissuto una vita sotto i riflettori e con enormi pressioni.
la figura di maradona nel cuore della gente
La figura di Maradona, già segnata da alti e bassi, continua a suscitare emozioni forti e contrastanti. Da un lato, è ricordato come uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, un genio del pallone che ha regalato momenti indimenticabili a milioni di tifosi. Dall’altro, la sua vita è stata segnata da eccessi e difficoltà personali, culminate in una morte prematura che ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore di molti.
La testimonianza di Veronica Ojeda non solo riaccende i riflettori sulla vita e sulla morte di Maradona, ma pone anche interrogativi sulla responsabilità del sistema sanitario e sulla necessità di una maggiore attenzione alla salute mentale e fisica delle persone, specialmente di quelle che hanno vissuto esperienze simili a quelle del leggendario calciatore argentino.
In un momento in cui il mondo sportivo è sempre più attento al benessere degli atleti, il caso di Maradona serve da monito per riflettere sulle responsabilità di chi ha in cura persone vulnerabili, invitando tutti a garantire che la salute e la dignità dei pazienti siano sempre al primo posto.