Alla fine degli anni Settanta e agli albori degli anni Ottanta, la NBA si trovava in un periodo di grande trasformazione e crescita. In questo contesto, un giovane talento emerse, conquistando il cuore degli appassionati di basket: Michael Ray Richardson, conosciuto da tutti come ‘Sugar’. Arrivato nella lega come quarta scelta assoluta nel 1978, chiamato dai New York Knicks, Richardson si distinse fin da subito per le sue giocate spettacolari e il suo stile di gioco unico. Con la canotta numero 20, si esibiva sul parquet del Madison Square Garden, regalando momenti indimenticabili ai tifosi.
Nato a Lubbock, in Texas, Richardson non era solo un giocatore di basket; era un artista del gioco. I suoi scatti fulminei, i rimbalzi strappati in volo e gli assist creativi lo resero un giocatore temuto dagli avversari e amato dai tifosi. La sua abilità di battere l’avversario sul primo passo e il suo tiro da tre punti, scagliato alla velocità della luce, lo resero un’icona nel panorama del basket mondiale. Oggi, a 70 anni, il mondo della pallacanestro piange la sua scomparsa, avvenuta a Lawton, in Oklahoma, a causa di un tumore.
La carriera in NBA e le sfide personali
Richardson ha iniziato la sua carriera NBA con i Knicks, dove ha giocato fino al 1982. Successivamente, ha avuto brevi esperienze con i Golden State Warriors e i New Jersey Nets, dove ha militato dal 1983 al 1986. Tuttavia, la sua carriera fu segnata da un momento critico nel 1984, quando fu trovato positivo alla cocaina per la terza volta, portando alla sua sospensione e successiva radiazione nel 1986. Questo episodio segnò la fine della sua carriera nella NBA, ma non la fine della sua passione per il basket.
La rinascita in Europa
Negli anni successivi, Sugar Richardson si trasferì in Europa, dove la sua carriera conobbe una nuova vita. Nel 1988 approdò in Italia, firmando con la Virtus Bologna, diventando rapidamente un simbolo della squadra. Sotto la sua guida, la Virtus conobbe successi memorabili, tra cui:
- Due Coppe Italia
- La storica Coppa delle Coppe nel 1990, il primo trofeo internazionale vinto nella storia della società.
Nonostante la mancanza di uno scudetto, Richardson lasciò un segno indelebile nel cuore dei tifosi bolognesi, incantando le folle con le sue giocate e il suo carisma.
Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha espresso il cordoglio della città per la perdita di un grande campione, ricordando come “una delle stelle più luminose di Basket City” avesse portato la Virtus ai vertici del basket europeo. La sua presenza nei parquet bolognesi tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90 rimarrà impressa nei ricordi di tutti gli appassionati.
Un’eredità duratura
In Italia, oltre alla Virtus, Richardson ha giocato anche per Livorno e Forlì, continuando a mostrare il suo straordinario talento, anche quando raggiunse l’età di 43 anni. La sua carriera europea non si limitò all’Italia; indossò anche la maglia dell’Antibes in Francia, con cui vinse un campionato transalpino, e della Spalato in Croazia, conquistando la Coppa di Croazia.
Richardson non è stato solo un grande giocatore, ma anche un esempio di resilienza e determinazione. Dopo aver appeso le scarpette al chiodo a 45 anni, continuò a ispirare le nuove generazioni di atleti. Suo figlio, Amir, ha seguito le orme paterne, giocando nella Fiorentina e nella nazionale di calcio del Marocco, portando avanti una tradizione di sport e talento.
La figura di Sugar Richardson trascende il semplice ruolo di giocatore di basket. La sua storia è quella di un uomo che ha affrontato le avversità con coraggio, che ha vissuto momenti di gloria e di sfide, ma che ha sempre mantenuto viva la sua passione per il gioco. La sua eredità vive non solo attraverso i trofei vinti, ma anche nei cuori di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di vederlo giocare. La sua influenza sul basket europeo è innegabile, e il suo nome rimarrà per sempre legato alla storia della Virtus Bologna e alla NBA.
I tributi a Richardson si stanno moltiplicando in tutto il mondo del basket, con ex compagni di squadra, avversari e appassionati che ricordano la sua grandezza sul campo e la sua personalità vivace. La pallacanestro ha perso un grande campione, ma il ricordo delle sue giocate continuerà a vivere, ispirando le future generazioni di giocatori e tifosi.
