Il viaggio emotivo di Perinetti in Quel che non ho visto arrivare

Il viaggio emotivo di Perinetti in Quel che non ho visto arrivare

Il viaggio emotivo di Perinetti in Quel che non ho visto arrivare - ©ANSA Photo

Luca Baldini

8 Novembre 2025

Accorgersi del dolore di una persona cara quando ormai è troppo tardi è una delle esperienze più strazianti che un genitore possa vivere. Questo tema centrale è esplorato nel libro di Giorgio Perinetti, “Quello che non ho visto arrivare. Emanuela, l’anoressia e ciò che resta di bello”. Quest’opera si presenta come un atto di amore e dolore, dedicata alla sua primogenita Emanuela, tragicamente scomparsa il 29 novembre 2023 a soli 34 anni a causa di un’anoressia acuta.

Giorgio Perinetti, noto dirigente sportivo e figura di riferimento nel mondo del calcio italiano, ha collaborato con il giornalista Michele Pennetti del Corriere della Sera per dar vita a questo racconto toccante. La narrazione non si limita a commemorare la vita di Emanuela, ma affronta anche il grave problema dell’anoressia, una malattia che colpisce in modo insidioso e devastante. La scelta di Perinetti di utilizzare la propria storia per sensibilizzare e aiutare gli altri rende questo libro particolarmente significativo.

La vita di Emanuela

Emanuela era una giovane donna brillante, dotata di talento e bellezza, che aveva ereditato dal padre la passione per il calcio. Tuttavia, la sua vita è stata segnata da un’ombra profonda: la perdita della madre, Daniela, scomparsa nel 2015 a causa di un tumore. Questo evento traumatico ha avuto un impatto devastante sulla vita di Emanuela, contribuendo a un viaggio verso l’anoressia che si è rivelato inarrestabile. Nonostante gli sforzi e le risorse a disposizione, compresi i tentativi di cure e sostegno, la malattia ha preso il sopravvento.

Nel libro, Perinetti racconta le difficoltà vissute dalla sua famiglia, delineando un quadro complesso e sfaccettato della malattia. La narrazione è intrisa di momenti di impotenza, di discussioni accese e di strategie di persuasione che tentavano di riportare Emanuela sulla retta via. La figura di un padre che osserva la propria figlia allontanarsi, intrappolata in una spirale di autolesionismo, si fa portavoce del dolore di tanti genitori che si trovano a vivere situazioni simili.

La lotta contro l’anoressia

Un aspetto particolarmente toccante del libro è la descrizione della vita quotidiana di Emanuela, in cui la sua lotta contro l’anoressia si intreccia con la sua passione per il mondo del calcio e il suo lavoro come influencer digitale. Nonostante la sua vita apparisse perfetta agli occhi degli altri, internamente, Emanuela combatteva una battaglia silenziosa contro un nemico invisibile che, come un virus, si era insinuato nella sua esistenza. Perinetti prende coscienza di questa realtà solo dopo anni, scoprendo un cumulo di bugie raccontate dalla figlia per nascondere la sua malattia.

La narrazione di Perinetti si fa così un atto di denuncia verso la società contemporanea, che spesso esalta canoni di bellezza irraggiungibili, alimentando un circolo vizioso che porta molti giovani a soffrire in silenzio. Nel libro, Perinetti non si limita a raccontare la storia di Emanuela; egli desidera anche lanciare un messaggio forte e chiaro a tutti coloro che si trovano in situazioni simili.

Un messaggio di speranza

La scrittura di Perinetti è densa di emozioni, e ogni pagina è intrisa di un amore profondo e di un lutto ineluttabile. La sua prosa riesce a catturare la complessità dei sentimenti che un genitore prova di fronte alla malattia del proprio figlio, oscillando tra la speranza e la disperazione. La lotta di Emanuela diventa così un simbolo di un problema sociale più ampio, invitando i lettori a riflettere sulle pressioni che i giovani affrontano nella loro crescita.

La pubblicazione del libro rappresenta anche un tentativo di trasformare il dolore in un’opportunità di cambiamento. Perinetti, attraverso la sua esperienza personale, si propone di aiutare altre famiglie a riconoscere i segnali di allerta, a non sottovalutare le difficoltà e a non perdere la speranza. In un mondo che spesso ignora il dolore invisibile delle malattie mentali, “Quello che non ho visto arrivare” si fa portavoce di una battaglia necessaria, quella per la vita e la salute mentale.

L’opera è un invito a prendere coscienza, a non voltarsi dall’altra parte e a comprendere che la bellezza della vita è spesso nascosta dietro ai muri dell’anoressia e di altre malattie mentali. La storia di Emanuela, così come raccontata da suo padre, è una testimonianza di come sia fondamentale affrontare le sfide della vita con coraggio e determinazione, non solo per se stessi, ma anche per chi ci circonda.

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