L’incredibile ascesa del tennista altoatesino non si spiega solo con il lavoro di tipo tecnico: la famiglia ha il suo enorme peso
Di lui, soprattutto dopo l’incredibile trionfo in Coppa Davis, si è detto quasi tutto. Di quanto sia migliorato, di quanto si sia spinto a superare i suoi limiti, che lo hanno portato a battere in sequenza, talvolta all’interno dello stesso torneo, Holger Rune, Danill Medvedev e Novak Djokovic. Un’ultima parte di 2023 a dir poco straordinaria.
Sembrano lontani, anzi lontanissimi, i tempi dei contrasti col suo storico mentore, quel Riccardo Piatti a cui vanno comunque attribuiti i giusti meriti per aver visto subito, in quel ragazzo gracilino che prometteva di diventare anche un campione di sci, un potenziale fenomeno con la racchetta in mano.
Il nuovo percorso intrapreso quasi due anni fa col team di Simone Vagnozzi, successivamente arricchitosi con la presenza di Darren Cahill, ha portato a Jannik Sinner dei miglioramenti incredibili sotto tutti i punti di vista: fisico, tecnico e di tenuta mentale.
Proprio qualche giorno dopo le straordinarie performances di Malaga, il 40enne coach di Ascoli Piceno era entrato in dettagli squisitamente tecnico-agonistici per spiegare il tipo di lavoro fatto col tennista altoatesino. Ma c’è dell’altro. C’è chi è andato a scovare nell’infanzia del fenomeno di San Candido e nel rapporto coi genitori per svelare dei segreti che nessuno conosceva.
Jannik Sinner, parla la mamma: spuntano particolari sconosciuti
Intercettata da Adnkronos, la signora Siglinde ha ripercorso le prime esperienze sul campo del figliolo, facendo anche un’ammissione che ha lasciato di stucco: “Sono felice per tutto quello che ha fatto Jannik ma preferisco non aggiungere altro“, ha esordito la mamma.
“Lo seguo quando gioca vicino casa, ma quando non posso essere presente sugli spalti spengo la televisione. Non ce la faccio a vederlo, mi viene una cosa qui…per me è troppo“, ha ammesso la donna. C’è da dire che lo stesso tennista altoatesino aveva già raccontato, qualche tempo fa, degli aneddoti riguardanti gli equilibri di famiglia. Un qualcosa di sempre molto difficile per un atleta che è andato via di casa relativamente presto.
“Quando ero da solo a Bordighera, a 13 anni, li chiamavo perché avevo un po’ di nostalgia o, magari, perché ero un po’ triste se qualcosa era andato storto in campo. O se avevo perso una partita. Mamma mi diceva che doveva lavorare, e lì ho capito che i miei erano problemi relativi”, aveva dichiarato Sinner. Che, prima di essere un campione sul campo, è evidentemente un uomo che sa dare il giusto peso alle esigenze e ai problemi degli altri.